lunedì 16 maggio 2011

L'Acqua fa gola - parte prima.

E' tempo di parlare dei due refendum ACQUA BENE COMUNE.
E' notizia di questi giorni che il plenipotenziario all'economia Giulio Tremonti ha intenzione di inserire nel decreto legge per lo Sviluppo Economico un provvedimento istitutivo dell'Autorità per l'acqua. È palese il tentativo di depotenziare i referendum contro la privatizzazione dei servizi idrici del prossimo giugno.
I comitati promomotori dei due referendum arrivano persino a dire che si tratta di "una farsa ideata al solo scopo di delegittimare il voto popolare.
Noi ci troviamo in sintonia con questo punto di vista, ma voi che ne pensate? Meglio ancora, vi siete fatti delle idee sul soggetto dei due referendum denominati ACQUA BENE COMUNE?
Niente paura, cercheremo in questo blog di chiarirvi un po' le idee, sperando di riuscirci.
Per non annoiarvi troppo, in questo primo post cercheremo di fotografare la situazione attuale della rete idrica italiana.

Secondo il decreto Ronchi (la legge che regola il settore) entro dicembre 2011 gli enti locali dovranno aprire una volta per tutte ai privati il mercato dell'acqua. Mantenendo la proprietà dell'acqua ma affidandone a terzi la gestione industriale. Questo accadrebbe però se non vincessero i referendum.

Fino a pochi mesi fa il "mercato dell'acqua" era regolato dalla legge Galli risalente a metà degli anni '90. La legge Galli, in pratica disegnava un'Italia dell'acqua "federale" divisa in 92 Ambiti territoriali ottimali (Ato) pubblici che dopo aver steso un programma di interventi necessari per migliorare la rete dovevano riaffidare il servizio. Si trattò di una piccola rivoluzione accompagnata dal passaggio da un sistema tariffario rigido (regolato dal Cipe per tutto il paese) a una tariffa reale media in grado di coprire gli investimenti e un rendimento garantito al gestore (il 7%). Con un tetto di incremento annuo per i prezzi al consumo fissato comunque al 5%.
Per la legge Galli però non tutto è andato per il verso giusto, a 15 anni dalla riforma dei 92 Ato, solo 72 hanno provveduto ad affidare il servizio e l'acqua è ancora saldamente in mano pubblica. Ben 34 Ato hanno girato la gestione a realtà controllate al 100% da enti locali. In tredici casi è stata passata a società quotate ma a forte presenza pubblica come le multitutility e in altri dodici ad aziende miste pubblico-privato. Solo 6 Ato - di cui cinque in Sicilia - hanno consegnato le chiavi dei loro acquedotti (ma non la proprietà) interamente ai privati.
Nel prossimo post, vedremo cosa potrebbe accedere se non ci fosse di mezzo il referendum. Intanto, se volete saperne di più, visitate questo sito: Forum Italiano dei movimenti per l'acqua.

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